Il diritto dei bambini alla verità
“Non bisogna aspettare che la morte si verifichi per iniziare a educare i propri figli all’elemento che tutti ci accomuna: la mortalità”. (Helen Fitzgerald)
Diverse ricerche antropologiche hanno dimostrato come nelle società “tradizionali” la morte sia un momento fondamentale della vita della comunità tutta.
Non si può invece dire lo stesso per la nostra odierna società occidentale, dove malattia, invecchiamento e morte sono mascherati o, peggio, rifiutati.
La pornografia della morte
Intorno agli anni ‘50 del secolo scorso un antropologo inglese, Geoffrey Gorer, ha introdotto per la prima volta la definizione di pornografia della morte, secondo la quale il dolore oggi viene vissuto socialmente come una manifestazione sentimentale vergognosa e il morire come un tabù, un fatto clinico segreto, coperto dal silenzio.
In anni più recenti, gli studiosi hanno messo in evidenza l’esistenza di una vera e propria fuga culturale davanti alla morte, che getta per questo in una terribile solitudine quanti ne sono toccati, lasciandoli nell’impossibilità di farne narrazione.
Bugie a fin di bene? Meglio di no
Non sorprende, quindi, che ci siano genitori che non consentono ai propri figli la visione, il contatto, con il corpo malato o morto di persone care, oppure che nascondono la morte sotto spiegazioni edulcorate, ritenendo di proteggerli così dal dolore. La loro titubanza è comprensibile, ma è preferibile non delegare, poiché anche in situazioni di sofferenza i familiari rimangono importanti figure di riferimento. Le spiegazioni fantasiose o non veritiere, nel tempo, si rivelano essere menzogne che il bambino avverte dolorosamente e sottilmente nel suo mondo di valori, lasciandolo inquieto e insoddisfatto. Ci sono buone probabilità che, all’emergere improvviso della verità, egli subisca un’ulteriore perdita: quella della fiducia negli adulti, su cui si fondano la relazione d’amore e il patto educativo. Pertanto il mentire, il nascondere o il tacere possono generare vissuti di profonda solitudine e avere ripercussioni negative sul processo elaborativo del lutto.
E allora che fare?
Il primo passo è quello di stare accanto al bambino, esserci quando c’è bisogno di cominciare a dirgli quello che sta accadendo, parlargli possibilmente con gradualità e delicatezza, di ciò che sta accadendo (della malattia grave che ha colpito il proprio caro, un incidente, un malessere psicologico forte ecc…), così da accompagnarlo con dolcezza a quel che accadrà successivamente e rispondere alle domande che nasceranno, cammin facendo. Questo non significa dire tutto con dettagli e particolari non richiesti, ma partendo da quello che il bambino sa, aiutarlo ad accogliere la realtà, anche se si presenta dura e dolorosa.
L’adulto che non mostra le sue emozioni di fronte a una perdita non di rado è stato, a sua volta, un bambino al quale gli adulti di riferimento non hanno mostrato le proprie. Se questa finzione continua a perpetuarsi, potrebbe nuocere sia al bambino che all’adulto, poiché non permette a nessuno dei due di empatizzare con l’altro. E’ importante accompagnare il bambino dentro l’esperienza di perdita offrendogli l’occasione di esprimersi senza timore di essere giudicato o non compreso; significa concedersi insieme di piangere, nominare e ricordare la persona cara. Far questo vuol dire, sin da subito, non essere evasivi di fronte alle sue domande, per esempio, con parole come: “Lo capirai quando sarai più grande”, oppure “Ne parliamo dopo” sperando che se ne dimentichi, perché non se ne dimenticherà. Meglio dare risposte semplici e sostenibili.
Una delle domande più frequenti riguarda la sorte di chi non c’è più: “Dove si trova adesso?” E’ importante rispondere al bambino in modo rispettoso dei suoi riferimenti culturali e dei valori familiari suggerendogli, ad esempio, che lo potrà trovare sempre nel suo cuore. Questo gli consentirà di coltivare il ricordo della persona amata preservando il legame d’affetto.
Chiaramente le risposte vanno sempre adattate anche all’età e alla personalità del bambino coinvolto.
Stare insieme nella verità possibile
Tenuto conto di questo, la cosa migliore è stare nella verità con le parole e con le emozioni perché tutte le persone coinvolte nel lutto, anche le più piccole, non solo la meritano, ma hanno bisogno di incontrare la verità, quella possibile in base all’età con garanzia di contenimento emotivo e di vicinanza solidale.
Oltre a poter vivere questo passaggio, deve rimanere ferma l’idea che la vita prosegue e che i bambini hanno il diritto di continuare ad esprimere appieno la loro vitalità.
Caterina Zanatta Pivato – Antropologa culturale Equipe Rimanere Insieme
Letture consigliate
Fitzgerald H. (2002). Mi manchi tanto! Ed. La Meridiana, Molfetta, Bari
Grollman E. (1999). Perché si muore? Edizioni Red, Como
Hanus M., Hanus I. (2012). La morte. Ne parlo con mio figlio. Vallardi Editore, Milano
Lamberto A. (2005). Il lutto infantile e giovanile. Edizioni CVS, Roma
Pellai, A., & Tamborini, B. (2011). Perché non ci sei più. Accompagnare i bambini nell’esperienza del lutto. Erickson, Trento
Ronchetti F. (2012). Per mano di fronte all’oltre. Come parlare della morte ai bambini. Ed. La Meridiana, Molfetta, Bari
Ronchetti F. (2013). Non lasciarmi solo. L’adolescente di fronte al lutto. Ed. Paoline, Milano
Sunderland M. (2005). Aiutare i bambini a superare lutti e perdite. Erickson, Gardolo, Trento